TEMA: S
Fu una conferma del senso dello Stato degli Italiani: ristretto come un espresso.
Intanto l’ex leader di Rifondazione, intervistato all’Avana, si dichiarò pronto alla lotta:
a patto però di guidare la mobilitazione.
Non trascorse molto e gruppi di Gilet Panera si coagularono ovunque, decisi a muover su Roma.
Un’altra marcia dopo quasi cent’anni: dalle camicie nere del ‘22, ai gilet panera del ‘19.
Delegazioni di gilet gialli si unirono alla colonna ma, abituati al brodoso caffè francese, non ne
capivano il senso. Comunque, perché perdersi una ghiotta occasione di révolution?
l’Eliseo col popolare Presidente, si fregava le mani. Come per gli immigrati pensava:
“Bien, garde-les aussi!”13
Dopo scontri e incendi di rumenta, Montecitorio fu circondata al grido di: “Vergogna!”14
Un cordone di Carabinieri, in tenuta antisommossa, salvò casta e buvette dal nuovo sacco di
Roma. Un miracolo, sarebbe stato peggio dei Visigoti.
Sotto la Lanterna, dove tutto ebbe inizio, le sigle sindacali si riunirono e scesero in corteo,
proprio come ai bei tempi.
De Ferrari e il centro furono occupate da un plateale sit-in. 15
La folla premeva, a stento il servizio d’ordine manteneva la calma.
Poi la protesta cambiò, e come in carcere, quando i detenuti sbattono piatti, iniziò un minaccioso
tintinnio.
Sotto al Palazzo della Regione migliaia di tazze venivano suonate, nemmeno il tondo Governatore
si affacciò al balcone e osò affrontare la folla.
Si sa, spesso il potente di turno è tentato dal barcunettu. 16
A Roma l’ennesima crisi avviava il balletto delle consultazioni: rito che appassiona il popolino
da lustri.
Tutti gli altri problemi dimenticati: immigrazione incerta, disoccupazione certa, debito enorme,
TAV si/no, terzo valico forse.
Dello spread sembrava non fregar più a nessuno, nemmeno a Confindustria.
Però, visto il calo di consumi e PIL, era giunto il momento di intervenire.
La maggioranza silenziosa, i soliti benpensanti, covavano rabbia e sordo autolesionismo.
Film come quello di Èszenŝtejn sulla Rivoluzione riempivano le sale. 17
Nemmeno il mitico Fantozzi, quello dell’altro comico zeneize, avrebbe potuto urlare:
“La corazzata Potemkin è una boiata pazzesca!”
In una atmosfera così cupa, non sarebbero scoppiati applausi.
Poi una sera il Presidente prese la parola: a Reti unite ventilò un risolutivo intervento del
Quirinale, e tutti ascoltarono.
L’Europa ci osservava, e tra le rapaci Agenzie di rating regnava l’incertezza.
Spronati e con consensi in picchiata, Governo e peones finalmente si destarono.
Poi si sa, quando il genio esiste, prima o poi si manifesta: è solo questione di tempo.
Il Ministro delle Infrastrutture, entusiasta e pancia a terra, trovò la soluzione: un tocco di
classe, un lampo nel buio.
I soliti bene informati descrissero così la proposta, formulata di notte durante un Consiglio
straordinario:
“Ciao a tutti! Serve una accise eccezionale su carburanti e tariffe autostradali, permetterà
allo Stato di evitare l’aumento della tazzina. Siamo o no il Governo del cambiamento?”
Un trionfo, tutti aderirono ad una proposta nuova e audace. Voto compatto, opposizione
favorevole. Non è certo, ma pare che anche Dalema la votò.
I Fratelli nostalgici approvarono, pur con qualche distinguo per tenere buoni i fedelissimi col fez.
Il vecchio Cavaliere, intervistato tra un Processo Ruby e l’altro, salutò dal predellino di un
panzer e disse candido: Solo grascie a Noi il buonscenscio è prevalscio.
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